giovedì 25 gennaio 2007

il problema della comunicazione non verbale con gli stranieri

Esaminiamo qui i problemi di comunicazione interculturale in ambito non verbale. È molto più semplice misurare le parole che gestire il linguaggio del corpo visto che questo è perlopiù inconscio. Tuttavia molta parte della comunicazione avviene proprio su questo piano. Il linguaggio del corpo riguarda la mimica e le espressioni facciali, i movimenti degli arti e la gestualità, i movimenti del corpo e le distante interpersonali, il tatto e il contatto fisico. Le differenze culturali su questi punti possono essere molto ampie e cause di veri e propri “disastri” comunicativi. Gestualità accentuate come quella degli italiani possono essere considerate troppo teatrali in Cina, o malsopportate in nord europa. I contatti fisici non sono graditi da in molti contesti e sottostanno a una serie di regole non scritte ma estremamente importanti. Ogni cultura esprime difatti un diverso grado di contatto nei saluti e nelle interazioni. Ad esempio la distanza personale non è uguale ovunque. Nelle culture latine e ancor più nelle culture arabe questa è molto meno estesa che nelle culture anglosassoni. Da qui la sgradevole sensazione per alcuni nordeuropei che a confronto con mediterranei “eccessivamente espansivi” si sentono invasi nel loro spazio personale. Viceversa si attribuisce l’impressione di freddezza ai “nordici” da parte di interlocutori abituati a spazi interpersonali più ridotti. Altro aspetto importante è quello del look personale e di altri elementi di comunicazione non verbale. L’ostentazione di simboli di ricchezza differisce da cultura a cultura. Il manager russo che ostenta naturalmente oro e gioielli, e quello svedese con orecchino e capelli lunghi sono perfettamente in linea con le culture di provenienza; nondimeno potrebbero essere giudicati da un manager italiano poco consapevole di comunicazione interculturale l’uno “cafone” l’altro “hippy”. I codici anche su questo sono molto diversi in ogni nazione. Anche il guardarsi negli occhi può dare adito a spiacevoli sensazioni. In molte culture guardarsi dritto negli occhi durante un accordo commerciale significa sincerità e volontà di collaborare. Di contro in Giappone non è considerato opportuno guardare direttamente negli occhi l’interlocutore in quanto è un atto di scortesia. Anche la durata del contatto visivo muta nelle culture. I brasiliani si guardano negli occhi più a lungo dei Giapponesi, ne consegue che chi non è abituato a livelli di contato visivo superiori alla sua norma culturale si sentirà invaso nell’intimità, mentre l’altro faticherà a capirne l’imbarazzo sino a leggere in questo un segno di sfuggevolezza. La stretta di mano è di solito dolce e non troppo forte nei paesi arabi del Golfo ma crea difficoltà quando questa deve essere data ad una donna. Sempre in questi paesi la mano sinistra è considerata impura e non va mai usata nemmeno per un’amichevole pacca sulla spalla. Il tono della voce degli italiani viene spesso considerato troppo alto da altre culture, come del resto l’uso di interrompere l’interlocutore, cosa da noi tollerata se sintomo di partecipazione emotiva alla discussione ma che viene considerata da molti stranieri scortese in ogni caso. L’importanza di tutti questi fattori è quindi fondamentale in quanto è proprio attraverso la comunicazione non verbale e simbolica che gli altri si formano una prima impressione su di noi. È quindi indispensabile che un manager accorto tenga conto di quello che comunica anche non verbalmente se non vuole correre il rischio di compromettere la interazione dando impressioni erronee su di se e la propria azienda.

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