giovedì 25 gennaio 2007

a che serve la comunicazione interculturale?

Il processo di caduta delle barriere protezionistiche nazionali aumenta progressivamente la competizione in tutti i settori. L’emergere di potenze economiche come Cina, India, e le cosiddette “Tigri Asiatiche”[1], con i loro tassi di crescita esponenziali sta trainando il mercato mondiale, costringendo l’Europa e l’Italia in particolare a dotarsi di nuovi strumenti per affrontare questa sfida competitiva. Il meccanismo della svalutazione della moneta per agevolare le esportazioni italiane, utilizzato fino a prima dell’ingresso del nostro paese nell’area euro ora non è più utilizzabile. È necessario un’innovazione di prodotti e processi atti a rendere di nuovo competitivo il “made in Italy”. In questo contesto la tematica della comunicazione interculturale assume sempre più importanza. Essa non è certamente l’unica variabile da tenere in conto per affrontare le sfide economiche che attendono il nostro paese. Le aziende italiane soffrono per l’incapacità del nostro paese a “fare sistema”, per la carenza o inadeguatezza di infrastrutture, per una burocrazia paralizzante e per la piccola dimensione della maggior parte delle imprese, che faticano di conseguenza a sfruttare i possibili vantaggi della globalizzazione subendone di contro gli svantaggi. Tuttavia, visto che le prospettive di crescita vanno ricercate sempre più nel mondo piuttosto che nel paese, per una azienda comunicare efficacemente in un contesto internazionale è determinante. Chi riesce a farlo in maniera adeguata accumula un vantaggio competitivo rispetto a chi continua a porsi nei confronti dei clienti interni ed esterni con un approccio monoculturale.
Dotarsi di “skills[2]” di comunicazione interculturale non è semplice ne automatico. Non basta saper parlare bene l’inglese. Ogni cultura difatti possiede un software of the mind diverso e di questo bisogna essere profondamente consapevoli. La consapevolezza delle differenze culturali è la pietra angolare di una comunicazione culturale efficace. Affrontare questo tema in ambito aziendale non ha sfumature ideologiche o idealistiche. È un fattore competitivo, che certamente insieme ad altri, può determinare il successo e l’insuccesso dell’azienda in un contesto di competizione globale.
Le grandi multinazionali lo hanno compreso da tempo e si sono attrezzate in proposito. Ora però il problema riguarda anche gran parte del tessuto produttivo italiano composto per la maggior parte di piccole e medie imprese. Sottovalutarlo potrebbe rivelarsi pericoloso. È necessario che l’export italiano si attrezzi “culturalmente” formando adeguatamente i propri dirigenti, manager e quadri, affiancando alla preparazione sul prodotto una consapevolezza delle problematiche e delle tecniche di comunicazione interculturale. I modelli formativi disponibili sono molteplici. Quello che pare mancare è la consapevolezza della classe imprenditoriale (soprattutto nella piccola e media impresa) riguardo il ruolo della comunicazione interculturale in ambito internazionale.
Anche sul versante interno, quello della gestione delle risorse umane, non sembra ancora essere chiaro che la diversità rappresenta un valore e una ricchezza per l’azienda. In un mercato del lavoro, come quello italiano, che ancora fatica a inserire e fidelizzare i talenti autoctoni, la speranza di attrarre talenti dall’estero appare una chimera. Mentre, già da tempo, aziende straniere perseguono politiche di reclutamento del personale in vari paesi in maniera da formare team multiculturali, ritenuti più adatti a raffrontarsi col mercato globale. Così molti giovani talenti italiani trovano lavoro all’estero.
Anche per l’esternalizzazione della produzione in altri paesi servono competenze interculturali. Le imprese incontrano molte difficoltà nel reclutare, gestire, organizzare e formare una forza lavoro con cui non condividono lingua e cultura. Difficoltà che potrebbero diminuire con un’adeguata formazione interculturale. Di comunicazione interculturale in ambito aziendale dovrebbero occuparsi più sistematicamente Associazioni imprenditoriali, Ministeri e organismi preposti. Nell’attesa che questo accada l’iniziativa resta in mano a singoli imprenditori particolarmente lungimiranti e consapevoli dell’importanza di questo aspetto della comunicazione d’impresa.
[1] si tratta di Corea del Sud, Taiwan, Singapore, Hong Kong .
[2] competenze, abilità.

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